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Lo shock anafilattico: i cani di Richet

Un tipico caso di serendipità è legato alla figura di Charles Robert Richet, cui venne assegnato il premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1913, per le sue scoperte sull'allergia e l'anafilassi - si può dire che è il fondatore dell'allergologia, la specialità della medicina, che si occupa delle malattie allergiche. Richet, fisiologo dell'Università di Parigi, studiando il veleno estratto dai tentacoli dell'anemone di mare, riuscì a scoprire il meccanismo base dell'allergia e dell'anafilassi.

Per valutare la tossicità del veleno, Richet utilizzò alcuni cani. Questi tollerarono discretamente la dose iniettata, mostrando solo qualche segno di malessere generale. Dopo una quindicina di giorni, il fisiologo francese, a corto di animali su cui sperimentare, decise di riutilizzare i cani già sottoposti ai primi esperimenti, iniettando loro una dose di veleno inferiore rispetto alla precedente. In maniera del tutto inattesa, gli animali nuovamente trattati andavano incontro a gravi crisi di shock, che spesso si concludevano con la morte nel giro di pochi minuti. Richet rimase impressionato dal fenomeno apparentemente paradossale, e capì subito che il veleno a basse dosi di per sè non poteva causare la morte, visto che non l'aveva provocata, due settimane prima e negli stessi cani, a dosi più elevate. Osservato lo strano fenomeno, lasciò perdere gli anemoni di mare e studiò nel dettaglio quanto apparso ai suoi occhi. Ipotizzò il meccanismo dell'anafilassi, per cui la prima dose della sostanza estranea (il veleno di anemone di mare iniettato) era tollerata dai cani, ma preparava il terreno alla seconda, pur inferiore, che in animali predisposti poteva causare uno shock anafilattico. A uccidere la bestia, insomma, non era il veleno in quanto tale, ma la sensibilizzazione e la successiva reazione che scatenava nell'organismo.

Nella vicenda di Richet è ben chiaro il ruolo svolto dalla sorte (l'utilizzo dei medesimi cani per mancanza di altri animali su cui sperimentare) ma anche quello ricoperto dalla sagacia del ricercatore che di fronte a un evento inatteso non pensa a un errore nella propria sperimentazione, per esempio a un errato dosaggio del veleno, ma a un fatto nuovo da spiegare.

  

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