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L'iprite: l'arma chimica guarisce il cancro

Nella seconda guerra mondiale entrambi gli schieramenti possedevano depositi di armi chimiche pronte a essere impiegate qualora il nemico ne facesse uso.

Non furono usate, ma il caso volle che una nave alleata, che trasportava iprite, venisse colpita nel mar Mediterraneo, liberando gran parte del suo contenuto in acqua dove, per l'esplosione, finirono anche alcuni marinai di bordo. Vennero ripescati e subito seguiti da un medico e trattati per evitare l'intossicazione da iprite. I marinai sembravano essersi ristabiliti, ma alcuni peggiorarono in maniera inattesa. Vennero fatti i controlli del sangue e si scoprì che avevano una grave riduzione dei globuli bianchi, deputati alla difesa dell'organismo. La riduzione era stata causata dal gas, e fu trasformata dalle autorità mediche statunitensi da dannosa in vantaggiosa. In alcuni tumori, infatti, si osserva una moltiplicazione incontrollata dei globuli bianchi. E' quanto accade nelle leucemie. Perché allora non usare l'iprite per uccidere i globuli bianchi in eccesso e trattare la leucemia? L'idea non era così peregrina, ma doveva fare i conti con l'elevata tossicità del gas in questione, che non poteva adattarsi a un uso terapeutico. Iniziarono allora varie ricerche, che sfociarono nella sintesi di alcune molecole simili all'iprite, ma molto meno tossiche: le mostarde azotate, usate ancora oggi nella terapia di vari tipi di cancro.

  

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