16-17 aprile 21-24 settembre
25-28 ottobre 2-3 dicembre

Il secondo ciclo di incontri ha per protagonista uno dei più grandi fisici teorici di questo secolo, Sheldon Lee Glashow.
“La mia scoperta più importante è stata che qualcuno era disposto a pagarmi per fare ciò che volevo più di ogni altra cosa: soddisfare la mia curiosità”. Fin dai tempi dell’università, per Sheldon Lee Glashow questo significa trovare una spiegazione semplice ed elegante del funzionamento dell’universo. Ed è proprio per il suo contributo “alla teoria dell’unificazione dell’interazione debole ed elettromagnetica tra le particelle elementari” che nel 1979 riceve il premio Nobel per la Fisica.
Ma Glashow non vive in una torre d’avorio: è un convinto sostenitore della necessità di garantire l’alfabetismo scientifico a tutti i cittadini; un paladino della ricerca libera e non finalizzata come base di ogni progresso; uno scrittore di successo con il talento del vero divulgatore, che riesce a contagiare gli altri con la sua passione per la conoscenza.

La scienza può salvare il mondo?

Giovedì 20 maggio, ore 17.00
Centro Congressi Cariplo

Desidero aprire questa conferenza porgendovi le mie scuse. Mi sto infatti accingendo a parlare di quanto la scienza possa essere importante per l’economia, positiva per l’ambiente, preziosa per promuovere ricchezza e salute. Ma io non sono esperto in nessuno di questi temi, e di solito disapprovo chi parla di argomenti che conosce poco. Confesso di essere un irriducibile fisico teorico delle particelle. Niente di quello che ho fatto nella mia carriera scientifica ha la benché minima importanza pratica. Il mio settore di fisica delle particelle produce conoscenze che sono tanto inutili quanto costose da ottenere. Ma, proprio come un alpinista scala una montagna semplicemente perché sta lì, io mi occupo di scienza perché mi trovo in un universo che non finisce mai di affascinarmi. È vero che la scienza di solito è uno stimolo per l’attività economica, che genera ricchezza migliorando così la qualità della vita. Però la scienza può essere anche un bene che è piacevole concedersi, ma che assorbe risorse economiche anziché produrne, proprio come l’arte, la poesia, la filosofia e l’opera lirica, le quali pure contribuiscono alla qualità della vita e alla ricchezza della cultura.

Il titolo che ho scelto per la mia conferenza è esplicitamente e deliberatamente assurdo: è stato scelto solo per attirarvi qui. Non si può essere tanto arroganti da credere che le nostre attività, per quanto irresponsabili e sventate, possano veramente danneggiare la terra o la sua biosfera. Il nostro pianeta non corre rischi immediati, e non ha bisogno di essere salvato. Un giorno o l’altro, le forze di attrazione porteranno la luna così vicina alla terra da frantumarsi in milioni di frammenti, portando ovunque distruzione (non c’è da preoccuparsi: in questo momento la luna si sta allontanando dalla terra. Ma basta aspettare!). O forse il disastro verrà dal sole, che un giorno esaurirà l’idrogeno che lo alimenta e invece di spegnersi esploderà così violentemente da sommergere e distruggere i suoi pianeti. Ma questi spaventosi eventi non avverranno prima che siano trascorsi miliardi di anni. E non possiamo essere tanto arroganti da pensare di poter evitare queste catastrofi volute dal cielo. Né è probabile che la società umana, che oggi è vecchia solo di qualche migliaio di anni, sopravviva per un milione di anni, per non parlare di un miliardo. Questo, ovviamente, è il soggetto della mia conferenza.

Anche se il nostro pianeta sopravviverà certamente per secoli, la nostra civiltà non è nemmeno lontanamente così al sicuro. La nostra debole specie si è diffusa sulla terra come muffa su una fetta di pane. Molti dei nostri cugini biologici si sono estinti a causa della nostra espansione. E presto potrebbero estinguersi i leoni, le tigri, le sequoie giganti, insieme a un numero infinito di specie "minori". La sovrappopolazione non è un grave problema in Europa e in Nordamerica, ma lo è sempre di più in tutto il resto del mondo, insieme alle sue dirette conseguenze: fame, malattia e povertà. Ci troviamo di fronte a una scelta molto semplice: dobbiamo controllare lo sviluppo demografico, o offriremo ai nostri discendenti una vita più infelice, più triste, più povera e più breve.

Se avessi la capacità, il tempo e la propensione per farlo mi concentrerei unicamente sul problema della sovrappopolazione. Credo che al momento si tratti della sfida più terribile che l’umanità deve affrontare. Invece la mia conferenza esaminerà le sfide meno impegnative che abbiamo di fronte. Posso elencarne una dozzina. Penso vi renderete conto che nessuno di questi temi riguardi unicamente la scienza, ma che tutti hanno una sostanziale componente scientifica.

La scienza da sola non è in grado di rispondere neanche a uno di questi interrogativi, ma gli scienziati – insieme agli insegnanti, agli ingegneri, ai filosofi, agli psicologi, ai sociologi, ai giornalisti, ai politici, e soprattutto a una "cittadinanza" illuminata e scientificamente alfabetizzata possono rispondere a tutti.

L’automobile, nel bene o nel male, ha creato una società mobile ma ha avuto un effetto devastante sulle nostre città, grandi e piccole. Ci sono fonti di energia alternativa praticabili per i veicoli su strada? Le celle a combustibile? Il gas naturale? Il metano? L’idrogeno? Le batterie elettriche? O forse sarebbe meglio sviluppare mezzi di trasporto pubblico più efficienti?

Alcune persone che si preoccupano per l’ambiente sostengono che i campi elettromagnetici, come quelli che si sviluppano vicino alle linee elettriche, alle termocoperte, ai forni a microonde o ai telefoni cellulari, possono provocare il cancro. C’è qualcosa di vero in questa affermazione?

Possiamo fare affidamento senza rischi sull’energia nucleare, e sul fatto che i rifiuti radioattivi possano essere eliminati in modo sicuro? Dovremmo costruire più reattori nucleari, o chiudere e smantellare quelli esistenti?

Come affrontare al meglio problemi quali il riscaldamento globale, il buco nell’ozono, la deforestazione, il terrorismo, l’Aids, la resistenza agli antibiotici, le piogge acide e altre forme di inquinamento, la violenza nei media e il suo effetto sui bambini?

Quali sono le opportunità offerte dalle piante e dagli animali geneticamente modificati, e i rischi ad essi collegati? Quanto è importante avere a disposizione tutto l’anno pomodori che sappiano di pomodoro?

Le malformazioni genetiche dei bambini possono, e devono, essere corrette prima della nascita?

È possibile prevenire o curare malattie come il cancro, il lupus, il diabete, il morbo di Parkinson, l’Alzheimer e la sclerosi multipla?

Come cambierà la natura del lavoro in seguito alla rivoluzione informatica? Sopravviveremo senza danni al "millennium bug"?

Dovremo imparare a difenderci contro il possibile, catastrofico impatto di meteore?

Quanto potrà contribuire la scienza medica a rendere la vita umana più lunga e più sana, e come potremo arginarne i costi, che sono in rapida crescita?

Come potremo rimpiazzare le risorse naturali che un giorno saranno esaurite? La fusione nucleare, l’energia solare, geotermica o eolica sono alternative realistiche ai combustibili fossili?

Come andranno distribuiti i pochi fondi disponibili tra le diverse discipline scientifiche, pure e applicate?

Come può la scienza affrontare problemi pratici e materiali come questi (e molti altri)? Lasciatemi cominciare con un esempio che è stato proposto per la prima volta quasi un secolo fa da J.J. Thomson, lo scopritore dell’elettrone. Supponiamo, diceva Thomson, che nell’età della pietra fossero esistiti i laboratori governativi. Avremmo avuto meravigliose asce in pietra, ma nessuno avrebbe scoperto la metallurgia. "Nella scienza pura", scriveva Thomson, "la ricerca viene portata avanti senza nessuna intenzione di applicarla a scopi industriali, ma con il solo obiettivo di ampliare la nostra conoscenza delle Leggi della Natura". Per dimostrare l’utilità della ricerca pura, faceva l’esempio dei raggi X. Permettetemi di ricordarvi che i raggi X furono scoperti da Roentgen nel 1894; e lui non stava affatto cercandoli: vi si imbatté accidentalmente, o come diciamo noi, per pura serendipity. Quando un giornalista gli chiese a cosa avesse pensato, Roentgen rispose: "Non ho pensato, ho indagato". E quando gli chiesero cosa fossero i suoi raggi, rispose di non saperlo. Ciononostante, i raggi X applicati alla medicina sono diventati in brevissimo tempo un potente strumento a disposizione di clinici e chirurghi, salvando un numero innumerevole di vite durante la prima guerra mondiale, e anche successivamente.

Thomson osserva che "la scoperta dei raggi X non fu il risultato di una ricerca applicata, finalizzata a trovare un metodo più efficace per localizzare le ferite da arma da fuoco. Una simile ricerca avrebbe potuto portare alla creazione di sonde più efficaci, ma non è immaginabile che avrebbe potuto farci scoprire i raggi X". Questo miracolo della scienza applicata è dovuto, per citare ancora Thomson, "a un’indagine nel campo della ricerca pura, fatta con lo scopo di comprendere la natura dell’elettricità".

La stessa storia si ripete più e più volte nella storia della scienza. Accenno solo a qualche episodio che non ho il tempo di raccontare per esteso.

Per esempio a come uno degli ultimi alchimisti Hennig Brandt di Amburgo riuscì a stupire se stesso estraendo fosforo dall’urina umana. Si tratta del primo elemento chimico di cui si conosca lo scopritore. La scoperta di Brandt portò alla creazione di un modo comodo e portatile di produrre il fuoco i fiammiferi (in italiano nel testo, n.d.t.) ma ironicamente qualche secolo più tardi le bombe al fosforo sarebbero state usate per ridurre in cenere la sua città natale.

Ma anche a come la scoperta di Evangelista Torricelli che "viviamo sotto un oceano d’aria" abbia portato alla realizzazione di barometri e altimetri, e ci abbia mostrato che la natura "non aborre il vuoto". E a come un tentativo fallito di sintetizzare il chinino abbia portato all’invenzione delle tinture a base di anilina, e un’osservazione casuale alla scoperta della penicillina.

E a come la verifica sperimentale della teoria di Maxwell fatta da Hertz abbia portato all’invenzione del telegrafo e successivamente della radio, del radar, della televisione e di tutte le forme di comunicazione istantanea a livello mondiale.

E ancora: a come la scoperta casuale della radioattività da parte di Becquerel, e le successive ricerche dei Curie abbiano dato vita alla medicina nucleare per la diagnosi e la cura di numerose malattie (Becquerel stava cercando una relazione tra i raggi X e la fosforescenza, che in effetti non esiste).

A come gli studi sulle proprietà magnetiche dei nuclei atomici abbiano condotto alla realizzazione della Risonanza magnetica per immagini (originariamente si chiamava Risonanza magnetica nucleare, ma il nome è stato cambiato per ragioni di opportunità politica... "nucleare" è ormai diventata una parolaccia). A come i fisici delle alte energie al Cern abbiano creato il World Wide Web per trasferire una grande quantità di dati sperimentali tra laboratori molto distanti tra loro, senza immaginare quale sarebbe stato il suo straordinario effetto sulla società moderna. E a come la teoria dei numeri (un settore davvero puro della matematica) abbia portato a progressi della crittografia che ci permettono di fare tranquillamente acquisti via Internet, e di tenere segreto ciò che deve essere tenuto segreto.

Michael Faraday, uno dei maggiori scienziati del nostro secolo, era d’accordo con Thomson che la scienza pura fosse la madre della tecnologia, e un’impresa di grande valore in sé e per sé: "Quale studio è più adeguato alla mente dell’uomo di quello delle scienze fisiche? E quale più di questo è in grado di farlo penetrare nei meccanismi di azione delle leggi la cui conoscenza rende interessanti i più insignificanti fenomeni della natura, e consente allo studente che osservi con attenzione di trovare ‘lingue negli alberi e libri nei torrenti, sermoni nelle pietre e qualcosa di buono in ogni cosa’?".

Quando una donna con un bambino piccolo chiese a Faraday a cosa servissero le sue ricerche sull’elettricità, apparentemente così accademiche, si dice che egli abbia risposto: "A cosa serve un bambino appena nato?". In un’altra occasione, confessò che non ne conosceva il valore, ma che un giorno o l’altro il governo avrebbe messo una tassa sull’elettricità. In effetti, le ricerche di Faraday sulle proprietà fondamentali dell’elettricità l’hanno portato a scoprire la legge dell’induzione elettromagnetica. Si tratta dell’idea fondamentale che sta dietro al successivo sviluppo della produzione, della trasmissione e dell’uso della corrente elettrica nelle case e nei luoghi di lavoro, sul quale naturalmente grava una tassa.

Thomson e Faraday avevano ragione nell’affermare che spesso la scienza fondamentale porta a risultati che possono essere proficuamente utilizzati per migliorare le condizioni di vita dell’umanità. Ma tendiamo spesso a trascurare l’altra faccia della medaglia. Il progresso nella scienza fondamentale dipende spesso, a sua volta, dai progressi tecnologici, cioè dalla scienza applicata. Torniamo alla scoperta dei raggi X da parte di Roentgen. Il quale riuscì a produrre i suoi raggi applicando una corrente ad alta tensione a un tubo a vuoto di vetro in cui erano stati collocati degli elettrodi. E a individuarne la presenza grazie a una pellicola fotografica. Il suo esperimento utilizzava tecnologie sviluppate da tre artigiani della scienza, non particolarmente istruiti o famosi: Rumkorff, che aveva creato uno strumento in grado di produrre alte tensioni; Geissler, che aveva imparato a costruire i tubi a vuoto; e Daguerre, che aveva avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della fotografia. Senza questi ignoti eroi della scienza applicata Roentgen potrebbe non aver scoperto i raggi X, Becquerel la radioattività e Thomson l’elettrone.

Le cose stanno così anche oggi. I ciclotroni e altri apparecchi del genere vengono utilizzati in diversi settori della scienza e della tecnologia, come la scienza dei materiali, la fisica delle particelle e la terapia del cancro. Il primo ciclotrone fu inventato da un fisico e destinato alla ricerca pura, ma i moderni acceleratori sono progettati e realizzati da ingegneri specializzati e ricercatori che si occupano di tecnologia, sia nell’industria che nell’università.

Difficilmente l’astronomia avrebbe potuto decollare se non fossero stati sviluppati telescopi più potenti, lenti acromatiche, spettroscopi e, ancora una volta, la fotografia non avesse fatto progressi. I moderni satelliti orbitanti sono certamente un prodotto della scienza applicata: servono alle spie, ai topografi, agli automobilisti che si smarriscono, e a chiunque faccia una telefonata intercontinentale. Ma gli osservatori orbitanti hanno anche un ruolo fondamentale per l’astronomia e la cosmologia, due delle scienze meno pratiche che esistano. (Ha senso imparare così tanto sull’origine e sul destino dell’universo? Più avanti sosterrò che ne ha).

In effetti la scienza fondamentale non avrebbe nessuna possibilità di progredire senza i prodotti dell’industria: pompe da vuoto, analizzatori di spettroscopia, ultracentrifughe, generatori di luce di sincrotrone, supercomputer e così via. La scienza di base ha bisogno della scienza applicata tanto quanto la scienza applicata ha bisogno della scienza di base. L’una non potrebbe esistere senza l’altra, e non dovremmo neanche provarci.

Oggi la vita nel mondo sviluppato è incomparabilmente diversa da come era nel secolo scorso. Che cosa ha portato a questi cambiamenti? Sicuramente, tutti i re, i generali, i presidenti e i politici del mondo hanno avuto un loro ruolo, ma un ruolo secondario. E così gli architetti, gli scrittori, gli artisti e i musicisti. La maggior parte dei cambiamenti nel nostro stile di vita deriva dai progressi della scienza, della tecnologia e della medicina. La storia della civiltà è strettamente collegata alla storia della scienza, molto più strettamente di quanto possano mai rendersi conto molti storici che non sanno niente di scienza.

Allo stesso modo, il ventunesimo secolo sarà molto diverso dal nostro, ma non oso neanche provare a prevederne i cambiamenti. Una cosa, però, è evidente: il rapporto tra la scienza pura o fondamentale e quella applicata o pratica sta cambiando rapidamente. Nelle scienze biologiche si stanno avvicinando, ma in fisica si stanno allontanando ulteriormente.

La medicina moderna, nonostante i suoi molti successi, non è ancora una scienza esatta. Ogni anno vengono ideati molti nuovi farmaci, nuovi apparecchi e nuove procedure. Che vengono attentamente sperimentati, prima sugli animali e poi sugli esseri umani, per verificarne la sicurezza e l’efficacia. Nella maggior parte dei casi essi non danno buoni risultati, ma di tanto in tanto sì. Quando questo avviene, le nuove terapie vanno ad aggiungersi all’armamentario del medico. Più che una scienza, è un’attività artistica. Oggi però stiamo cominciando a conoscere il funzionamento del corpo a livello microscopico. Presto disporremo della mappatura del genoma umano, e se gli scienziati capiranno come utilizzare l’immenso patrimonio di informazioni contenuto nei nostri geni, molti miracoli della medicina diventeranno possibili. Sarà possibile curare, o prevenire, molte terribili malattie. Sarà più facile curare i malati di cancro, perché le particolari mutazioni cellulari che provocano la malattia verranno identificate e sarà possibile somministrare una terapia appropriata. Oggi fisici, chimici, informatici, filosofi e biologi stanno lavorando insieme per esplorare i processi alla base della vita: e grazie alle loro ricerche, indubbiamente fondamentali, la medicina sta rapidamente trasformandosi in una scienza esatta e quantitativa.

E per quanto riguarda la fisica? Nel passato, scoperte fondamentali (come i raggi X, le onde radio, la relatività e la meccanica quantistica) hanno portato direttamente alla creazione di strumenti utili (come la Tac, la Tv a colori, l’energia nucleare, i laser, i transistor e i microchip). Anche i positroni (una forma di antimateria scoperta nel 1932) hanno trovato applicazioni in medicina. Ma cosa possiamo dire delle recenti scoperte della fisica di base? Noi fisici delle particelle siamo affascinati dalle cosidette particelle "strane", e da altre particelle dagli strani nomi, come i neutrini, i pioni e i muoni. Le abbiamo studiate per cinquant’anni, ma non ne è mai stata trovata un’applicazione pratica, e si potrebbe non trovarla mai. Lo stesso vale per i quark, i gluoni, e per vari bosoni che portano il nome di diversi fisici. E ancor più per le fantastiche superstringhe, che i migliori e più brillanti fisici teorici considerano essere la base di tutta la materia. E a questo proposito, cosa dire di tutte quelle strane mostruosità che si trovano lontanissime nello spazio, i pulsar, le quasar, i buchi neri, le supernove, e i miliardi di galassie esistenti nell’universo, ognuna delle quali è composta da miliardi di stelle? Quale importanza hanno per la nostra vita quotidiana? Per dirla con le parole di uno degli ecclesiastici che criticavano le scoperte fatte da Galileo grazie al telescopio, queste cose sono "invisibili a occhio nudo, di conseguenza non possono avere alcuna influenza sulla terra, e quindi non esistono".

Nella sua evoluzione, la fisica di base si è allontanata dal mondo ordinario. I problemi fondamentali ancora irrisolti si trovano ai due estremi della scala di grandezze: nel cosmo e nel microcosmo delle particelle subatomiche. Richard Feynman descriveva così l’obiettivo della fisica fondamentale: "Possiamo immaginare che questo complicato schieramento di oggetti in movimento che compone il mondo assomigli a una gigantesca partita a scacchi giocata dagli dei, di cui noi siamo gli osservatori. Non conosciamo le regole del gioco: possiamo solo osservarlo. Naturalmente, se osservassimo abbastanza a lungo potremmo forse cogliere qualcuna delle regole. Le regole del gioco sono ciò che definiamo fisica fondamentale". Naturalmente, conoscere le regole del gioco degli scacchi non ci fa diventare grandi maestri. "Quello che veramente possiamo spiegare sulla base di queste regole è molto limitato", continua Feynman, "perché quasi tutte le situazioni sono così incredibilmente complicate che non possiamo seguire lo svolgimento del gioco basandoci sulle regole, e ancor meno dire cosa succederà in futuro".

Siamo stati eccezionalmente abili a imparare le regole. In effetti, i principi fondamentali che regolano il comportamento della materia ordinaria in condizioni ordinarie sono stati codificati da più di mezzo secolo. È altamente improbabile che queste regole siano sbagliate, così come che ce ne siano sfuggite alcune. Tutta la materia (inclusi i vostri corpi) è solo un grosso mucchio di elettroni e di nuclei atomici che interagiscono elettromagneticamente e obbediscono all’equazione di Schroedinger. Non ci sono forze sconosciute, emanazioni misteriose o fluidi vitali. La fusione fredda, la diluizione omeopatica, gli oroscopi e la percezione extrasensoriale non hanno senso più di quanto ne abbiano il magnetismo animale, le sfere di cristallo, la lettura delle foglie di tè o altre forme di divinazione. A molte delle domande fondamentali della fisica è stata data una risposta, almeno in linea di principio. Quelle che continuano a turbarci hanno a che fare con cose che sono di gran lunga troppo piccole o troppo lontane per influenzare la quotidianità.

Trovare le regole era un primo passo essenziale, ma nella scienza fondamentale c’è molto altro. Perché? Perché ciononostante si conoscano tutte le regole del caso, anche rispondere a una domanda semplicissima – perché l’acqua è trasparente, e si espande quando gela? – è diabolicamente difficile. Figurarsi rispondere a domande complesse come che tempo farà domani, o in quale modo un bambino impari a parlare e camminare. Oggi c’è più ricerca fondamentale da fare di quanta ce ne sia mai stata: ci sono molte, inattese meraviglie della natura che si nascondono nella complessità delle cose e non ci sono ancora state rivelate. La cosiddetta "fine della scienza" è un miraggio: la scienza è veramente una frontiera sconfinata.

Forse questo è un buon momento per parlare del cambiamento delle relazioni tra mondo accademico e mondo delle imprese. Visto che la distinzione tra scienza di base e scienza applicata si sta facendo sempre più sfumata, è decisamente sciocco tenerle completamente separate. I ricercatori universitari dovrebbero essere incentivati a sfruttare le loro scoperte, proprio come i laboratori industriali dovrebbero fare ricerca di base senza un obiettivo preciso. Come si fa tradizionalmente negli Stati Uniti, per esempio ai Bell Laboratories della Lucent Corporation, o al Centro di Fotonica della Boston University. Nel prossimo millennio dovremmo prevedere e promuovere molti legami anche più stretti tra impresa e accademia.

E ora, parliamo di "spin-off", un termine che descrive come la ricerca in una direzione possa produrre sviluppi in direzioni completamente diverse. Abbiamo fatto qualche esempio relativo al passato. Eccone ora qualcuno moderno. I satelliti Vela, che negli anni ’60 erano destinati a scoprire le violazioni sovietiche al trattato che bandiva i test atomici, hanno invece scoperto strani segnali di remote catastrofi cosmiche, che solo oggi cominciamo a comprendere. La Strategic Defence Initiative, il sistema di difesa strategica voluto da Reagan, ha prodotto sviluppi nel campo dell’ottica che permettono oggi ai telescopi di filtrare lo scintillio dell’atmosfera. Alcuni dei materiali utilizzati per realizzare borsette da donna alla moda (come quelle che si trovano nelle boutique di Milano) sono stati creati nel corso dei programmi spaziali, insieme a una bevanda sgradevole ma stranamente popolare, il Tang, che originariamente era stata rifilata agli astronauti.

Quello che ho in mente, comunque, è un genere di "spin-off" molto più significativo, che riguarda le persone piuttosto che le cose.

La nostra è una società tecnologica: se la maggior parte di noi può limitarsi ad usare cose come le automobili, i computer e i telefoni cellulari, qualcuno deve capire come funzionano, e altri devono affrontare i problemi che ci troviamo davanti, molti dei quali sono stati provocati dalle nuove tecnologie.

Il funzionamento della società moderna dipende dall’esperienza dei nostri ingegneri, e da quanti si occupano di scienza applicata. Ma chi sono queste persone, e chi sarà in grado di istruirle? Le cose sono diventate troppo complicate perché si possa imparare mentre si lavora. Gli insegnanti e gli scienziati di domani sono i bambini curiosi di oggi. I bambini fanno spesso le stesse domande che pone chi si occupa di scienza fondamentale: come è cominciato il mondo? Cos’è che fa brillare le stelle? Come fanno i conigli a produrre altri conigli? Se solo potessero essere spinti a continuare a fare queste domande quando diventano grandi... Sto suggerendo di fare quella che si potrebbe definire un’operazione di pubblicità ingannevole: facciamo sì che la bambina si interessi di quark e quasar, così impara un po’ di fisica, e forse da grande diventerà una scienziata e inventerà una batteria più potente o una cura per la calvizie.

Ad Harvard vediamo molti ragazzi di talento che sognano di fare carriera nella scienza pura: legioni di potenziali Einstein o di piccole signore Curie. Alcuni di loro riusciranno a concretizzare il loro sogno, ma la maggior parte dovrà essere indirizzata diversamente. Molti dei nostri preparatissimi studenti di fisica scelgono di diventare biologi, informatici, medici o legali specializzati in brevetti. Altri diventano uomini di affari, a volte mettendosi in proprio e in qualche caso diventando molto ricchi (Ed Land, il fondatore della Polaroid, si è specializzato in fisica ad Harvard prima di lasciare l’università per dedicarsi agli affari).

Ecco un altro esempio che viene dal settore della matematica combinatoria, una disciplina descritta dal mio defunto collega del MIT, Gian-Carlo Rota, come il "contare i modi di mettere biglie di vari colori in scatole di vari colori". (Gian-Carlo, che era nato non molto lontano da Milano, è venuto a mancare proprio il mese scorso.) Cosa potrebbe esserci di meno pratico? Eppure, sorprendentemente, è diventata una disciplina molto utile. È utilizzata dalle compagnie di navigazione per minimizzare i costi, e dai governi per ridurre le spese telefoniche. Il professor Rota rilevò che molti dei suoi migliori studenti finivano per lavorare a Wall Street: "Quello che succede è che i migliori analisti finanziari sono matematici o fisici teorici". E in effetti, molti dei nostri studenti di fisica e molti giovani docenti si sono riconvertiti in carriere decisamente più remunerative a Wall Street.

Consentitemi di concludere questa discussione con tre esempi eccezionali di ricercatori puri – tutti fisici delle particelle – che hanno fornito contributi veramente importanti alla società in settori molto diversi.

Alan Cormack era un fisico sperimentale che si occupava di alte energie alla Tufts University; insegnava e studiava l’esotica disciplina nota come fisica delle particelle elementari. Nel tempo libero sviluppò la tecnologia che sta alla base della Tomografia Assiale Computerizzata o Tac, la cui importanza per la medicina moderna è ben nota. E proprio per questo lui e Geoffrey Houndstooth (un altro fisico delle particelle) hanno condiviso il Nobel per la Medicina.

Walter Gilbert aveva studiato fisica matematica: una scienza pura, se ce n’è una. Ed era anche molto in gamba, tanto da meritare una cattedra ad Harvard. Seguendo una gloriosa tradizione, cambiò settore quando era a metà della sua carriera, e proseguì facendo diverse scoperte fondamentali nel campo della biologia molecolare e dell’origine del cancro (e fondando la Biogen, un’azienda farmaceutica le cui azioni sono quadruplicate di valore negli ultimi mesi). E nel 1980 ottenne il Premio Nobel per la Chimica.

Andrei Sacharov era un cosmologo e un fisico teorico delle particelle. Tra l’altro aveva trovato una spiegazione del perché nell’universo ci sia molta materia, ma pochissima antimateria. Ma Sacharov era un paladino dei diritti umani in Unione Sovietica, ed è stato in gran parte per merito suo che il governo sovietico ha firmato l’accordo per mettere al bando i test nucleari. Sacharov ha vinto il Premio Nobel per la Pace.

Possiamo concludere che lo studio della fisica delle particelle non è così inutile come potrebbe apparire: Cormack, Gilbert e Sacharov sono solo alcuni di coloro che hanno cominciato la loro carriera occupandosi di scienza fondamentale, e che hanno poi imboccato una strada diversa fornendo così degli eccezionali contributi al benessere dell’umanità.

Ed ecco un’altra virtù della ricerca scientifica fondamentale. La scienza è uno dei pochissimi esempi di cooperazione internazionale riuscita. Non è una novità: solo raramente la scienza ha tenuto conto di confini nazionali o culturali. Cinque uomini, ad esempio, ci hanno insegnato quale sia il nostro posto nell’universo: il polacco Copernico, il danese Tycho Brahe, il tedesco Keplero, l’italiano Galileo e l’inglese Newton. La scienza continua ad essere un’impresa multinazionale e multiculturale, ma oggi gli scienziati non sono più solo maschi bianchi europei, cristiani e defunti. Pensate:

Il gruppo di teorici che lavora sulle superstringhe ad Harvard è composto da un americano, un olandese, un iraniano, un russo e un argentino.

Al dipartimento di fisica di Harvard metà dei recenti incarichi di insegnamento sono stati assegnati a donne, così come sono donne più di metà degli specializzandi dell’anno prossimo. E il mio Nobel è stato condiviso tra due ebrei e un musulmano.

Diciannove nazioni compongono il Cern, il centro mondiale dedicato alla ricerca sulle particelle elementari. Anche se si tratta di un laboratorio europeo, scienziati da tutto il mondo – compresa l’Europa dell’Est, l’Asia e le Americhe – contribuiscono attivamente a questo splendido esempio di cooperazione internazionale.

Al momento, il più potente acceleratore di particelle del mondo si trova al Fermilab, nelle vicinanze di Chicago, negli Stati Uniti. Il suo primo rivelatore batte la bandiera di tre paesi: il Giappone, l’Italia e gli Stati Uniti. In effetti, la maggior parte dei grandi esperimenti di fisica delle alte energie coinvolge ricercatori di diversi istituti sparsi per il mondo.

I problemi che oggi la società si trova ad affrontare sono complessi. Come i problemi che hanno di fronte i fisici delle particelle, sono troppo complessi perché una qualsiasi nazione li affronti da sola. Se i fisici di tutto il mondo possono cooperare così efficacemente, non potrebbero servire da esempio anche per altri?

Concluderò il mio discorso con un ultimo argomento a favore dell’importanza della scienza pura, anche quando lo è a tal punto da non offrire alcuna speranza di immediata applicazione pratica. Nessuno l’ha detto meglio di Primo Levi. Un chimico applicato, un sopravvissuto dell’olocausto e un grande, commovente scrittore: "A cosa serve tutta questa ricerca? Un mondo in cui si studiassero solo le cose utili sarebbe infinitamente più triste e più povero di quello che il fato ci ha destinato. Il futuro è incerto anche nei paesi più prosperi, e la qualità della vita sta peggiorando. Eppure credo che ciò che stiamo scoprendo a proposito dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo sia sufficiente ad assolvere questa fine di secolo e di millennio. Le conoscenze che pochi stanno acquisendo sul mondo fisico faranno forse sì che quest’epoca non venga giudicata come un puro ritorno alla barbarie".